UNISA Scienze della Formazione Primaria - gruppo 1° Anno Accademico 2016/2017
LEZIONE DEL 22 MARZO
Alberto Asor
Rosa si è occupato della storia della letteratura italiana nella prospettiva
europea. Egli dice che l`Italia non è la patria del romanzo, perché il romanzo
non nasce in Italia, ed anche quando l`Italia arriva a conoscere una fioritura
romanzesca non si costituisce una vera e propria tradizione, a differenza degli
altri paesi (ad esempio i Promessi Sposi rappresentano un caso a sé,
difficilmente imitabile e ripetibile). Per Asor Rosa il romanzo in Italia è
sempre un caso unico, un unicum, per
cui più che di un romanzo si dovrebbe parlare di romanzi. Tant`è vero che tutta
la produzione romanzesca italiana tra 800 e 900 non assomiglia a quella
europea, né questi romanzi si assomigliano tra loro. Egli afferma che il
romanzo rappresenta il mondo moderno, ma la modernità a sua volta rappresenta
la perdita dell`ancien règime, la rottura delle vecchie corporazioni, la
nascita di una società divisa in classi e la nascita della borghesia (come già
aveva affermato Hegel): ciò implica la nascita di un pubblico nuovo, di massa,
avido di ascoltare ma nello stesso tempo diventare soggetto e oggetto di
narrazione.
Asor Rosa si chiede: “esiste il narrativo in Italia?” La sua risposta è
affermativa, però bisogna ricercare questa capacità narrativa non nel romanzo, bensì nella NOVELLA (ad
esempio dal Decameron di Boccaccio, ha preso il via la tradizione novellistica)
e nel ROMANZO CAVALLERESCO. Sono queste le due forme peculiari del narrativo
italiano, che corrispondono al modello antropologico dell`italiano antico, in quanto legate all`oralità (sono affabulazioni
che derivano dall`oralità, afferiscono al modello della pre-scrittura come
direbbe Bachtin) hanno come scopo il diletto, e trasformano il reale in fantastico (anziché il contrario, come fa
il romanzo).
Per Asor Rosa il ritardo del romanzo in Italia è dovuto anche alla forte
pressione che ha esercitato la novella in quanto genere fortemente radicato, ed
in seguito nasce dalla contaminazione sia di questa tradizione, costituita
dalla novella, che dalla contaminazione da parte della tradizione cavalleresca.
Per avere il romanzo in senso moderno, secondo Asor Rosa, bisognava scrollarsi
di dosso questa forte tradizione novellistica (come fece il Manzoni) e
dall`altro lato bisognava fare i conti con l`individualismo. L`individualismo costituisce una delle componenti
più forti del romanzo, ma se negli altri paesi è individuato in un contesto
sociale, di classe (ad es. Guerra e Pace), in Italia l`individualismo è
prodotto dalla scissione tra individuo e
società, in cui l`individuo si contrappone ad una società disgregata.
Addirittura Leopardi nel suo “Discorso sopra lo stato presente degli italiani”
dirà che l`Italia non ha società, e l`individuo diventa autoreferenziale.
Le più grandi scritture narrative del 700-800 in Italia per questo sono
autobiografie, dove l`io, non potendosi confrontare con una società disgregata,
si racconta (e la letteratura è piena di esempi di questo tipo, come la vita di
Alfieri, di Casanova, e appunto le Ultime Lettere di Jacopo Ortis).
Asor Rosa dice che l’individualismo genera, in Italia, romanzi di carattere autoreferenziale. Qui torna il tema
dell’eroe sfortunato, il tema dell’avventura, della ricerca, elaborati però in
chiave strettamente autoreferenziale, nel senso che manca quel rapporto stretto
con la società che poi risulta essere caratterizzante come parametro di
riferimento per il romanzo moderno. Per Asor Rosa è stato proprio questo accentuato individualismo autobiografico a
non consentire uno sviluppo del romanzo in senso moderno, ed è stato una
costante della narrativa italiana per lungo tempo; in Italia, infatti, vi fu
una grande presenza di romanzi autobiografici proprio perché si pensava che
“non era possibile raccontare storie se non raccontando se stessi”. Allora se
anche questo vuol dire scrivere romanzi, aggiunge e conclude Asor Rosa, anche
la memorialistica garibaldina potrebbe rientrare nella tipologia del romanzo, o
forse (e qui abbiamo un`apertura alla linea di Bachtin) è questa proprio la
prova della straordinaria duttilità di questo genere, che resta un genere in
divenire, un genere che si trasforma, che può acquistare fisionomie e aspetti
diversi. Una volta fatte queste premesse siamo maggiormente in grado di capire
l`Ortis.L`Ortis è un
romanzo che anticipa il moderno, tant`è vero che è stato definito il primo
romanzo moderno, perché racchiude in sé aspetti che sono legati alla modernità,
ma anche aspetti che lo tengono ancorato al passato classico.
Un elemento importantissimo che ne fa un romanzo già in senso moderno è
l`irruzione del presente; infatti l`Ortis è un romanzo costituito sulla
contemporaneità (elemento di cui aveva parlato Bachtin) e contiene l`elemento
autobiografico (aspetto che aveva notato Asor Rosa). Inoltre Jacopo è un eroe
ma non in senso antico, perché sceglie il suicidio (che nel mondo romano era
considerato una virtù) come virtù laica in difesa dei valori individuati nel
mondo classico.
Un elemento che iene l`Ortis ancorato al passato, invece, è la mancanza di
un`evoluzione del personaggio e della vicenda. L`incipit dell`Ortis, infatti, è
un segno chiarissimo che ci troviamo di fronte ad una decisione già presa.
Ancora, c`è chi ha parlato di quest`opera come un “monologo lirico”, e questo è
un altro elemento che ancora questo romanzo al passato (ricordiamo, infatti,
che Bachtin aveva affermato che il romanzo in chiave moderna doveva essere
ordinato a prosa).
L`Ortis, comunque, è un`opera aperta, su cui Foscolo tornò varie volte.
Una prima traccia la possiamo trovare nel “Piano di studi” in cui Foscolo si
propose di scrivere un`opera dal titolo “Laura, lettere” (1796). A Bologna,
nella Repubblica Cispadana (nel 1798) in pieno triennio giacobino cominciò a
scrivere quest`opera, ma fu interrotto dall`arrivo degli austro-russi, quindi
fuggì da Bologna nel 1799 e lasciò sospeso il testo (aveva scritto solo 45
lettere). L`editore Marsigli chiamò Angelo Sassoli affidandogli il
completamento del romanzo, che fu pubblicato con il titolo di “Vera storia di
due amanti infelici”. Foscolo, irritato, dichiarò l`opera apocrifa e si risentì
principalmente per due motivi: innanzitutto per il titolo, in quanto non aveva
affatto in mente un romanzo d`amore, e poi perché la storia d`amore era per lui
solo funzionale alla verifica e alla conferma della sconfitta politica subìta,
non era assolutamente il tema centrale.
Foscolo, dunque, disconosce pubblicamente l`opera sconfessando l`operazione del
Marsili e parlando della revisione del Sassoli come di un “centone di follie
romanzesche, di frasi adulterate e di annotazioni vigliacche”. Nel 1801
riprende da dove aveva interrotto e pubblica una prima edizione integrale, nel
settembre del 1801 col titolo “Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis”. Nel 1802, a
Bologna, pubblica un`edizione più consistente, con nuove lettere, e ancora
continua a rivedere il testo tant`è vero che nel 1816 a Zurigo pubblica
un`altra edizione. In questa edizione, Foscolo pubblica una Notizia bibliografica che ci fornisce
una fondamentale chiave di lettura, le circostanze del libro e la sua genesi.
La redazione definitiva, con una revisione linguistica accurata, apparve a
Londra nel 1817; dalla prima all` ultima edizione del romanzo, dunque, passano
ben vent`anni.L`opera è
una raccolta ordinata che Jacopo, alter ego dell`autore, invia all`amico
Lorenzo Alderani (e ad altri personaggi) tra l`11 ottobre del 1797 al 25 marzo
del 1799: l’elemento “motore” della vicenda è il Trattato di Campoformio che
sarà firmato sei giorni dopo, il 17 ottobre 1797 e sancirà la cessione di
Venezia all`Austria, segnando l`incrinatura definitiva dei sogni repubblicani
del Foscolo. Foscolo, deluso dalla vicenda napoleonica, si rifugia sui Colli
Euganei, si innamora di Teresa ed è ricambiato, ma il padre di Teresa per
sanare le terribili condizioni economiche in cui verteva la famiglia intende
darla in moglie al ricco Odoardo. Jacopo allora intraprende un viaggio (che
però non fa evolvere in alcun modo la vicenda) per allontanarsi da Teresa.
Questo viaggio è caratterizzato da varie soste, ed ogni sosta rappresenta un
incontro che diviene pretesto di riflessione sulle condizioni dell`Italia: a
Milano, ad es., incontra Parini, e nella lettera scritta da Ventimiglia
troviamo una riflessione pessimistica sulla condizione umana. Quando Jacopo
torna sui Colli Euganei, apprende che Teresa si è sposata con Odoardo e quindi
si uccide.La
struttura: l`Ortis è un romanzo epistolare in forma di lettere, rimanda ai
modelli europei (Rousseau con la sua Nouvelle Heloise, e il Werther di Goethe);
è presente un taglio autobiografico (come disse Asor Rosa) e addirittura il
Foscolo mette insieme lettere che in gran parte ha realmente scritto. Il
romanzo è la proiezione di una delusione personale, politica e soprattutto
storica di un`intera generazione di intellettuali. Jacopo è l`alter ego di
Foscolo, infatti se andiamo a prendere il suo epistolario notiamo che il
Foscolo si firmava realmente col nome di Ortis e non solo, si firmava anche col
nome di Lorenzo). Ci troviamo dinanzi a ciò che è stato definito da molti un
“monologo lirico”, in quanto Foscolo si ispira a modelli lirici classici,
addirittura Teresa è descritta con i versi del Petrarca.
Lorenzo è un personaggio muto, non interviene, non interferisce, non condiziona
lo sviluppo delle cose e della vicenda: mancano dunque il senso dell`intreccio,
dell`azione, il romanzo è costruito su un personaggio unico (ritorna il
concetto dell`io autobiografico).
Una lettera da prendere come punto di riferimento come chiave di lettura per
comprendere ed interpretare il romanzo è quella del 29 settembre del 1808:
Foscolo scrive una lettera a Bartholdy, un diplomatico berlinese,
antinapoleonico come lui, che aveva conosciuto a Milano e che aveva diffuso un
tipo di letteratura di viaggio scrivendo un`opera dal titolo “Viaggio in
Grecia”. Questa lettera nasce dalla notizia che un certo Kaulfuss voleva
tradurre l`Ortis in tedesco e dà al Foscolo un pretesto per spiegare come gli è
venuto in mente il romanzo. Egli scrive “il
nucleo primitivo dell`Ortis è nato intorno al tema del
suicidio e non intorno al tema della passione amorosa”. Il tutto parte da
una vicenda in particolare: Jacopo Ortis, un giovane friulano studente
dell`Università di Padova, si era ucciso con due pugnalate senza un`apparente
ragione. Questo spinge Foscolo a meditare sul tema del suicidio e sul tema
della morte violenta ma, da letterato molto colto qual era, collega questo
concetto agli insegnamenti di Tacito, il quale aveva identificato come “ultima
virtù possibile all`uomo romano sotto la tirannide dei cesari, quella di darsi
una morte violenta”: Tacito era un autore molto conosciuto nella cultura
rivoluzionaria e giacobina e Foscolo, dunque, trasferisce un fatto di cronaca
in un fatto culturale, lo intellettualizza,
intellettualizza il suicidio stesso.
Il romanzo nasce come un “trattato sul
suicidio”, però poi vedremo come Foscolo cambiò idea e decise, più che di sillogizzare (teorizzare, scrivere un
trattato teorico) sul suicidio, di
dipingere il suicidio.
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