LEZIONE DEL 22 MARZO

 Alberto Asor Rosa si è occupato della storia della letteratura italiana nella prospettiva europea. Egli dice che l`Italia non è la patria del romanzo, perché il romanzo non nasce in Italia, ed anche quando l`Italia arriva a conoscere una fioritura romanzesca non si costituisce una vera e propria tradizione, a differenza degli altri paesi (ad esempio i Promessi Sposi rappresentano un caso a sé, difficilmente imitabile e ripetibile). Per Asor Rosa il romanzo in Italia è sempre un caso unico, un unicum, per cui più che di un romanzo si dovrebbe parlare di romanzi. Tant`è vero che tutta la produzione romanzesca italiana tra 800 e 900 non assomiglia a quella europea, né questi romanzi si assomigliano tra loro. Egli afferma che il romanzo rappresenta il mondo moderno, ma la modernità a sua volta rappresenta la perdita dell`ancien règime, la rottura delle vecchie corporazioni, la nascita di una società divisa in classi e la nascita della borghesia (come già aveva affermato Hegel): ciò implica la nascita di un pubblico nuovo, di massa, avido di ascoltare ma nello stesso tempo diventare soggetto e oggetto di narrazione. Asor Rosa si chiede: “esiste il narrativo in Italia?” La sua risposta è affermativa, però bisogna ricercare questa capacità narrativa  non nel romanzo, bensì nella NOVELLA (ad esempio dal Decameron di Boccaccio, ha preso il via la tradizione novellistica) e nel ROMANZO CAVALLERESCO. Sono queste le due forme peculiari del narrativo italiano, che corrispondono al modello antropologico dell`italiano antico, in quanto legate all`oralità (sono affabulazioni che derivano dall`oralità, afferiscono al modello della pre-scrittura come direbbe Bachtin) hanno come scopo il diletto, e trasformano il reale in fantastico (anziché il contrario, come fa il romanzo). Per Asor Rosa il ritardo del romanzo in Italia è dovuto anche alla forte pressione che ha esercitato la novella in quanto genere fortemente radicato, ed in seguito nasce dalla contaminazione sia di questa tradizione, costituita dalla novella, che dalla contaminazione da parte della tradizione cavalleresca. Per avere il romanzo in senso moderno, secondo Asor Rosa, bisognava scrollarsi di dosso questa forte tradizione novellistica (come fece il Manzoni) e dall`altro lato bisognava fare i conti con l`individualismo. L`individualismo costituisce una delle componenti più forti del romanzo, ma se negli altri paesi è individuato in un contesto sociale, di classe (ad es. Guerra e Pace), in Italia l`individualismo è prodotto dalla scissione tra individuo e società, in cui l`individuo si contrappone ad una società disgregata. Addirittura Leopardi nel suo “Discorso sopra lo stato presente degli italiani” dirà che l`Italia non ha società, e l`individuo diventa autoreferenziale. Le più grandi scritture narrative del 700-800 in Italia per questo sono autobiografie, dove l`io, non potendosi confrontare con una società disgregata, si racconta (e la letteratura è piena di esempi di questo tipo, come la vita di Alfieri, di Casanova, e appunto le Ultime Lettere di Jacopo Ortis). Asor Rosa dice che l’individualismo genera, in Italia, romanzi di carattere autoreferenziale. Qui torna il tema dell’eroe sfortunato, il tema dell’avventura, della ricerca, elaborati però in chiave strettamente autoreferenziale, nel senso che manca quel rapporto stretto con la società che poi risulta essere caratterizzante come parametro di riferimento per il romanzo moderno. Per Asor Rosa è stato proprio questo accentuato individualismo autobiografico a non consentire uno sviluppo del romanzo in senso moderno, ed è stato una costante della narrativa italiana per lungo tempo; in Italia, infatti, vi fu una grande presenza di romanzi autobiografici proprio perché si pensava che “non era possibile raccontare storie se non raccontando se stessi”. Allora se anche questo vuol dire scrivere romanzi, aggiunge e conclude Asor Rosa, anche la memorialistica garibaldina potrebbe rientrare nella tipologia del romanzo, o forse (e qui abbiamo un`apertura alla linea di Bachtin) è questa proprio la prova della straordinaria duttilità di questo genere, che resta un genere in divenire, un genere che si trasforma, che può acquistare fisionomie e aspetti diversi. Una volta fatte queste premesse siamo maggiormente in grado di capire l`Ortis.L`Ortis è un romanzo che anticipa il moderno, tant`è vero che è stato definito il primo romanzo moderno, perché racchiude in sé aspetti che sono legati alla modernità, ma anche aspetti che lo tengono ancorato al passato classico. Un elemento importantissimo che ne fa un romanzo già in senso moderno è l`irruzione del presente; infatti l`Ortis è un romanzo costituito sulla contemporaneità (elemento di cui aveva parlato Bachtin) e contiene l`elemento autobiografico (aspetto che aveva notato Asor Rosa). Inoltre Jacopo è un eroe ma non in senso antico, perché sceglie il suicidio (che nel mondo romano era considerato una virtù) come virtù laica in difesa dei valori individuati nel mondo classico. Un elemento che iene l`Ortis ancorato al passato, invece, è la mancanza di un`evoluzione del personaggio e della vicenda. L`incipit dell`Ortis, infatti, è un segno chiarissimo che ci troviamo di fronte ad una decisione già presa. Ancora, c`è chi ha parlato di quest`opera come un “monologo lirico”, e questo è un altro elemento che ancora questo romanzo al passato (ricordiamo, infatti, che Bachtin aveva affermato che il romanzo in chiave moderna doveva essere ordinato a prosa). L`Ortis, comunque, è un`opera aperta, su cui Foscolo tornò varie volte. Una prima traccia la possiamo trovare nel “Piano di studi” in cui Foscolo si propose di scrivere un`opera dal titolo “Laura, lettere” (1796). A Bologna, nella Repubblica Cispadana (nel 1798) in pieno triennio giacobino cominciò a scrivere quest`opera, ma fu interrotto dall`arrivo degli austro-russi, quindi fuggì da Bologna nel 1799 e lasciò sospeso il testo (aveva scritto solo 45 lettere). L`editore Marsigli chiamò Angelo Sassoli affidandogli il completamento del romanzo, che fu pubblicato con il titolo di “Vera storia di due amanti infelici”. Foscolo, irritato, dichiarò l`opera apocrifa e si risentì principalmente per due motivi: innanzitutto per il titolo, in quanto non aveva affatto in mente un romanzo d`amore, e poi perché la storia d`amore era per lui solo funzionale alla verifica e alla conferma della sconfitta politica subìta, non era assolutamente il tema centrale. Foscolo, dunque, disconosce pubblicamente l`opera sconfessando l`operazione del Marsili e parlando della revisione del Sassoli come di un “centone di follie romanzesche, di frasi adulterate e di annotazioni vigliacche”. Nel 1801 riprende da dove aveva interrotto e pubblica una prima edizione integrale, nel settembre del 1801 col titolo “Le Ultime Lettere di Jacopo Ortis”. Nel 1802, a Bologna, pubblica un`edizione più consistente, con nuove lettere, e ancora continua a rivedere il testo tant`è vero che nel 1816 a Zurigo pubblica un`altra edizione. In questa edizione, Foscolo pubblica una Notizia bibliografica che ci fornisce una fondamentale chiave di lettura, le circostanze del libro e la sua genesi. La redazione definitiva, con una revisione linguistica accurata, apparve a Londra nel 1817; dalla prima all` ultima edizione del romanzo, dunque, passano ben vent`anni.L`opera è una raccolta ordinata che Jacopo, alter ego dell`autore, invia all`amico Lorenzo Alderani (e ad altri personaggi) tra l`11 ottobre del 1797 al 25 marzo del 1799: l’elemento “motore” della vicenda è il Trattato di Campoformio che sarà firmato sei giorni dopo, il 17 ottobre 1797 e sancirà la cessione di Venezia all`Austria, segnando l`incrinatura definitiva dei sogni repubblicani del Foscolo. Foscolo, deluso dalla vicenda napoleonica, si rifugia sui Colli Euganei, si innamora di Teresa ed è ricambiato, ma il padre di Teresa per sanare le terribili condizioni economiche in cui verteva la famiglia intende darla in moglie al ricco Odoardo. Jacopo allora intraprende un viaggio (che però non fa evolvere in alcun modo la vicenda) per allontanarsi da Teresa. Questo viaggio è caratterizzato da varie soste, ed ogni sosta rappresenta un incontro che diviene pretesto di riflessione sulle condizioni dell`Italia: a Milano, ad es., incontra Parini, e nella lettera scritta da Ventimiglia troviamo una riflessione pessimistica sulla condizione umana. Quando Jacopo torna sui Colli Euganei, apprende che Teresa si è sposata con Odoardo e quindi si uccide.La struttura: l`Ortis è un romanzo epistolare in forma di lettere, rimanda ai modelli europei (Rousseau con la sua Nouvelle Heloise, e il Werther di Goethe); è presente un taglio autobiografico (come disse Asor Rosa) e addirittura il Foscolo mette insieme lettere che in gran parte ha realmente scritto. Il romanzo è la proiezione di una delusione personale, politica e soprattutto storica di un`intera generazione di intellettuali. Jacopo è l`alter ego di Foscolo, infatti se andiamo a prendere il suo epistolario notiamo che il Foscolo si firmava realmente col nome di Ortis e non solo, si firmava anche col nome di Lorenzo). Ci troviamo dinanzi a ciò che è stato definito da molti un “monologo lirico”, in quanto Foscolo si ispira a modelli lirici classici, addirittura Teresa è descritta con i versi del Petrarca. Lorenzo è un personaggio muto, non interviene, non interferisce, non condiziona lo sviluppo delle cose e della vicenda: mancano dunque il senso dell`intreccio, dell`azione, il romanzo è costruito su un personaggio unico (ritorna il concetto dell`io autobiografico). Una lettera da prendere come punto di riferimento come chiave di lettura per comprendere ed interpretare il romanzo è quella del 29 settembre del 1808: Foscolo scrive una lettera a Bartholdy, un diplomatico berlinese, antinapoleonico come lui, che aveva conosciuto a Milano e che aveva diffuso un tipo di letteratura di viaggio scrivendo un`opera dal titolo “Viaggio in Grecia”. Questa lettera nasce dalla notizia che un certo Kaulfuss voleva tradurre l`Ortis in tedesco e dà al Foscolo un pretesto per spiegare come gli è venuto in mente il romanzo. Egli scrive “il nucleo primitivo dell`Ortis è nato intorno al tema del suicidio e non intorno al tema della passione amorosa”. Il tutto parte da una vicenda in particolare: Jacopo Ortis, un giovane friulano studente dell`Università di Padova, si era ucciso con due pugnalate senza un`apparente ragione. Questo spinge Foscolo a meditare sul tema del suicidio e sul tema della morte violenta ma, da letterato molto colto qual era, collega questo concetto agli insegnamenti di Tacito, il quale aveva identificato come “ultima virtù possibile all`uomo romano sotto la tirannide dei cesari, quella di darsi una morte violenta”: Tacito era un autore molto conosciuto nella cultura rivoluzionaria e giacobina e Foscolo, dunque, trasferisce un fatto di cronaca in un fatto culturale, lo intellettualizza, intellettualizza il suicidio stesso. Il romanzo nasce come un “trattato sul suicidio”, però poi vedremo come Foscolo cambiò idea e decise, più che di sillogizzare (teorizzare, scrivere un trattato teorico) sul suicidio, di dipingere il suicidio.

Nessun commento:

Posta un commento