2^ SFIDA – IL BULLISMO

Quando pensiamo al bullismo, affiora nell'immaginario collettivo, il personaggio dell'alunno cattivo di Franti del libro Cuore, che spicca per la sua faccia tosta e non teme nulla. 
Anche oggi nelle scuole ci sono allievi che ricordano Franti.
Identificare, capire aiutare, insomma educare i ragazzi difficili: questo è il compito della scuola. Non solo gli allievi facili.
Infatti sapere insegnare agli alunni adatti” è, per don Milani, come aprire un ospedale che cura i sani e respinge i malati, e pochi si rendono conto che se si perde un solo Franti la scuola non è più scuola.
Il fenomeno del bullismo è relativamente recente e inizialmente concentrato in età in età adolescenziale ma molti episodi di cronaca dimostrano che sta coinvolgendo anche la scuola primaria.
Il bullismo è solo una delle punte dell'iceberg rappresentato dal disagio adolescenziale: un fenomeno complesso e multifattoriale che richiede una particolare attenzione.
E' nostra convinzione che l'adolescenza sia tra le fasi dell'età evolutiva, quella che più richiede sollecitudine educativa da proseguire alla luce di aspetti etici relazionali affettivi sociali.
Esistono tante adolescenze alle quali ci si deve avvicinare con prudenza per individuarne le dinamiche.
La transizione adolescenziale è connotata da trasformazioni rapide che implicano conflitti, instabilità emozionale, inquietudine, legati a quelli che comunemente vengono chiamati i “compiti di sviluppo”.
E' proprio a questa nuova emergenza adolescenziale che occorre guardare con gli occhi pedagogici più vigili.
Il bullismo non è un semplice atteggiamento conflittuale tra pari o un comportamento litigioso nei confronti dei compagni, ma un fenomeno più articolato che vede coinvolti due protagonisti, il bullo e la vittima, in una dinamica segnata da una evidente intenzionalità di fare del male e da un'asimmetria che accentua la probabilità del ripetersi di manifestazioni aggressive del più forte verso il più debole.
La persistenza nel tempo contribuisce a determinare un quadro patologico serio sia per la vittima, che può presentare sintomi anche di tipo depressivo, sia per il bullo, che rischia di cadere in forme di devianza antisociale.
E' raccomandabile che gli interventi correttivi siano predisposti in una prospettiva sistemica che mira al cambiamento non solo dei singoli elementi, ma di tutto il gruppo di cui singolo fa parte, come per esempio il gruppo dei pari, la scuola, la famiglia, agli insegnanti, rapporti con gli altri contesti, ecc...
Oltre ad aiutare la vittima è indispensabile intervenire anche su ciò che causa il bullismo, quindi i soggetti coinvolti.
Nell'ambito scolastico bisogna chiedersi se gli insegnanti siano ancora in grado di intercettare lo sguardo dell'adolescente  e cogliere i segnali da correggere.
Premesso che non si vogliono lanciare accuse alla famiglia o la scuola è altrettanto vero che è dalla famiglia e dalla scuola che occorre ripartire per trovare il bandolo di quella matassa ingarbugliata che si suole definire educazione.
Infatti proprio nella famiglia, e anche nella scuola, è possibile rintracciare una via d'uscita rappresentata da un'educazione affettivamente orientata, capace di contrastare la genesi e lo sviluppo del bullismo.
Il problema è il passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria inferiore e da questa alla scuola secondaria superiore, dove l'attenzione socio-affettiva per il soggetto in crescita, decresce vertiginosamente fino a scomparire del tutto o quasi.
L'adolescenza non è un'età solo incerta, ingrata, difficile, inquieta, di passaggio, ma anche “affettivamente in movimento” con l'implicita richiesta di essere aiutati.
Il docente, che pure è chiamato al compito primario della trasmissione culturale, non può raggiungere questo traguardo se contemporaneamente non ha presente che occorre essere alfabetizzati anche sotto il profilo affettivo.
Nella tradizione scolastica secondaria le emozioni sono ricondotte in genere alla dimensione non razionale e in quanto tali marginalizzate senza considerare che l'homo sentiens sta forse prima o comunque insieme all'homo sapiens.
Un'educazione scolastica orientata a promuovere solo capacità intellettuali e l'acquisizione di conoscenze e competenze, risulta fondata su una concezione parziale dell'uomo.
Sostenere, al contrario, la necessità dell'alfabetizzazione emotivo-affettiva e sociale, significa prospettare un agire capace di unificare sapere, saper fare e saper essere.
Per l'alunno è molto importante seguire i seguenti punti:
  • saper vivere le emozioni e gli stati affettivi
  • conoscerle dal punto di vista linguistico, corporeo e visivo
  • comprenderle
  • saperle esprimere e comunicarle

Anche nella scuola primaria i dati parlano chiaro il 41% di bambini che frequentano subisce prevaricazione o vere e proprie prepotenze.
I tratti che connotano il comportamento bullo sono
  • l'intenzionalità
  • la sistematicità nel senso di ripetitività
  • la relazionalità (chi agisce, chi subisce, chi è spettatore)
Nei confronti del bullo, spesso gli insegnanti assumono atteggiamenti ambivalenti, dunque o eccessivo permissivismo o aspro autoritarismo.
Spesso ci si dovrebbe ricordare che non è sufficiente operare sul singolo bullo, ma lavorare sulla massa di spettatori invisibili.
E' fondamentale, dunque, un'educazione alla convivenza democratica, che può diventare un prezioso spazio di dialogo.
Appare molto più consono affrontare il problema, soprattutto nella scuola primaria, in modo preventivo, favorendo attività di cooperazione che esaltano il valore della solidarietà, del “fare insieme”.
Ma non si può pensare che il problema del bullismo sia solo di competenza della scuola, poiché questa può fare molto ma non può fare tutto.

Occorre, quindi, stabilire alleanze con la rete di attori che si pone in stretta relazione con le altre risorse del territorio (scuola, famiglia, parrocchie e tutte le altre agenzie educative).

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