IL BAMBINO COGNITIVO DI JEAN PIAGET


PIAGET considera il bambino dotato di una personalità ricca di competenze sorprendenti e non una semplice copia imperfetta e incompleta dell'adulto. Lo sviluppo dell'intelligenza infantile si basa sull'evoluzione di processi adattivi successivi che portano all'assimilazione e all'accomodamento di strutture e schemi di azione sempre più contestualizzati, articolati e coerenti. Confrontandosi con la realtà, il soggetto trasforma i suoi schemi di azione e di cognizione e così facendo inventa nuove conoscenze che accrescono il potenziale di sviluppo intellettuale di partenza.
L'evoluzione della conoscenza infantile consisterebbe, quindi, secondo Piaget, nell'incessante tensione tra assimilazione del reale a schemi già noti e di accomodamento e adeguamento delle strutture logiche ai dati della percezione. Agente dello sviluppo, dunque, è l'interazione con l'ambiente, tramite il quale il bambino sviluppa la sua intelligenza.
Secondo Piaget lo sviluppo dell'intelligenza nel bambino è generato dal tentativo di uscire da una situazione di disadattamento che mette in moto processi di adattamento.
Il bambino di Piaget, fino ai primi anni di vita, è impegnato a ordinare i dati fenomenici in sequenze ordinate di eventi. Egli si modifica attraverso le nuove acquisizioni esperienziali. Questo processo, costituisce il processo base nella costruzione della conoscenza dove sistemi capaci di auto-organizzazione non solo resistono al disordine ma sono anche capaci di trasformare i processi casuali in strutture ordinate.
Sulla base di questa impostazione disegnò il suo modello educativo e l'ipotesi di un sistema di istruzione.
Questo modello presuppone un'immagine dell'infanzia che ponga l'accento sulla concezione che le conoscenze, per essere veramente tali, vadano costruite dall'individuo attraverso un'attività mentale, libera e operativa.
La funzione dell'insegnante per Piaget è duplice perché, se da un lato è chiamato a suscitare nel bambino la riflessione e formalizzazione logica dell'esperienza, dall'altro attraverso la predisposizione del materiale didattico adeguato, deve osservare la condotta cognitiva dei bambini per sostenerli negli esercizi con il ragionamento, la critica e l'attenzione costante. L'insegnante non va considerato come il depositario di un sapere cristallizzato, ma colui che aiuta il bambino a problematizzare l'esperienza rendendolo consapevole delle proprie costruzioni mentali.
Per Piaget nasce prima l'esperienza e poi in linguaggio.
Egli ritiene che il fanciullo, seguendo i suoi impulsi interiori, si auto rappresenta il reale attraverso schemi mentali che si strutturano in modo spontaneo. Per Piaget l'educazione non puoi anticipare lo sviluppo ma solo seguirlo.
Nel gioco simbolico prevalgono l'imitazione, l'immaginazione e il pensiero egocentrico, mentre nel gioco collettivo sono inserite le regole stabilite dai bambini stessi o da altre persone esterne al gioco e via via che le regole del gioco vengono acquisite e interiorizzate, si forma la coscienza morale della quale la prima espressione è l'ubbidienza, seguita dalla fase della cooperazione.

La sua teoria rappresenta la teoria più completa e organica mai proposto sullo sviluppo psicologico del bambino.

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